La
competitività non si improvvisa
A colloquio
con Cinzia Giacchetti del Consorzio Pisa Ricerche, esperta
di sviluppo, trasferimento e commercializzazione
di nuove tecnologie verso le industrie: Le imprese devono investire
sempre più nella creatività e nella ricerca accurata per essere
pronti alle sfide di mercato. Ma è importante utilizzare i giusti
strumenti per avviarsi lungo il cammino delle innovazioni
Il
concetto di una competitività di qualità, una competitività di tipo
sofisticato, ricercata, fondata sulla tecnologia, sull’acquisizione
della conoscenza specialistica, sulle risorse umane che devono
investire le proprie forze nella creatività e nella ricerca accurata,
sta gradualmente emergendo, al punto da rafforzare un chiaro legame
con l’innovazione tecnologica che diventa quindi influente nella
competitività del mercato.
A questo punto
diventa importante cercare di capire come una piccola o media impresa,
attraverso l’innovazione tecnologica, può incrementare la sua
competitività e gli strumenti da adottare perché l’innovazione
tecnologica influisca sulla competitività.
Ecomy ne ha
parlato con la dottoressa Cinzia
Giachetti, direttrice del Consorzio
Pisa Ricerche (CPR), una delle organizzazioni nazionali, sostenute
dalla Comunità Europea e da interventi nazionali a favore
dell’Innovazione Tecnologica, che è a sostegno delle piccole e
medie imprese e coordina uno dei sette Innovation Relay Centres
italiani, Recital (Relay
Centre for Central Italy).
Recital
fornisce servizi per incoraggiare lo sviluppo, il trasferimento e la
commercializzazione di nuove tecnologie verso le industrie. E fa parte
di una rete di 68 organizzazioni simili presenti in tutta Europa.
Dottoressa
Giachetti, quali sono i passaggi da fare in un percorso dove le
piccole e medie imprese possano investire nell’innovazione
tecnologica e considerarla un fattore competitivo?
Esistono
diversi strumenti e passaggi che mettono in condizioni le imprese di
avviarsi lungo il cammino dell’innovazione tecnologica: certamente
uno strumento indispensabile e che viene adottato dal Consorzio ma che
fa parte della prassi più generale, è la visita diretta alle
aziende, soprattutto per le piccole o piccolissime che necessitano di
sentire e capire da vicino cosa significa innovazione tecnologica, e
sin dalla prima visita si cerca di illustrare quali sono i primi passi
da compiere per introdurre l’azienda nella ricerca tecnologica
Gli strumenti
che vengono adottati sono uguali per tutti o vengono differenziati in
fasi diverse e in relazione all’azienda cui si fa riferimento?
Sicuramente
c’è una differenziazione nei modi di agire, nei passaggi da fare e
negli strumenti da adottare. In una prima fase vengono inserite quelle
imprese piccole che non hanno mai sentito parlare di innovazione
tecnologica come quelle artigianali. In questo caso le aziende vengono
prese per mano e introdotte nei progetti innovativi, abituandole alla
collaborazione, e utilizzando degli schemi di finanziamento, di
ricerca e sviluppo e di acquisizione di potenziali di innovazione
nazionali o regionali. Quindi c’è una prima fase che abitua alla
partnership su schemi nazionali. Le imprese, in questo modo hanno la
possibilità anche di capire il tipo di agenzia che mette loro a
disposizione dei servizi validi di innovazione e trasferimento
tecnologico. Poi, là dove viene individuato il partner e lo schema di
finanziamento in cui inserire l’impresa, si procede alla stesura del
progetto innovativo. Una volta che la proposta viene acquisita, la
prassi vuole che la piccola impresa venga seguita anche nella fase di
gestione del progetto, dove purtroppo manca una competenza tecnica, e
parlo anche della rendicontazione economica
Cosa accade
invece per le imprese medie o tuttavia per quelle che hanno già
utilizzato i finanziamenti e portato avanti dei progetti di
innovazione?
Per
le imprese che hanno già acquisito finanziamenti da fondi
strutturali, regionali o nazionali, orientati all’innovazione, come
Consorzio cerchiamo di abituarli alla transnazionalità, cerchiamo cioè
di sensibilizzarli a una seconda fase, in cui il loro prodotto sia
orientato ad un mercato internazionale. In questa fase vengono
illustrati gli schemi di finanziamento comunitari, e le imprese
vengono introdotte alla collaborazione straniera, e accompagnate in
eventi transnazionali per trovare collaboratori partner.
Ecomy ha desk
di riferimento in Europa. Anche per voi il desk e la rete di
collegamento diventa importante per garantire servizi di
intermediazione?
Certo.
Il Consorzio riesce a garantire il collegamento tra partner
internazionali perché è inserito in network internazionale, che ha
mandati di attuazione direttamente dalla Comunità Europea, e
attraverso queste antenne, là dove c’è bisogno di un fornitore di
tecnologia, il Consorzio lo comunica, così come se un’impresa
high-tech, generalmente sono imprese spin-off o start-up, ha
un’offerta di innovazione tecnologica si opera in modo tale da
creare collegamenti inward o outward con altri partner. Per cui tale
organizzazione di rete permette ai partner di selezionare diverse
offerte e proposte, provenienti da tutta Europa. Infine, abbiamo un
terzo tipo di intervento che riguarda quelle imprese che sono già in
contatto con collaboratori stranieri e hanno già messo a punto
prodotti o prototipi che provengono da progetti di ricerca innovativa
ma che restano spesso inutilizzati. A quel punto entra in gioco un
livello superiore di trasferimento tecnologico. Vengono attuate
analisi di mercato e si fa molto riferimento ai capitali di rischio.
Il Consorzio, infatti è inserito in un network di Venture Capital
italiano e ha collaborazioni con le reti dei Business Angels, per cui
l’intervento che si cerca di fare è quello di trovare , là dove
finanziamenti privati come per esempio quelli bancari, là dove non ci
sono più possibilità di proporsi agli schemi di finanziamenti
comunitari o nazionali che in genere, non finanziano il vero e proprio
trasferimento tecnologico ma si limitano a finanziare progetti di
ricerca e sviluppo.
Salvatore Medici
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