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Azienda Europa, ancora troppe debolezze

La Commissione europea prende in esame la competitività nel Vecchio Continente: si è sulla buona strada ma si deve fare meglio. I problemi, gli obiettivi e le misure da adottare per migliorare la capacità di adattamento nonché di innovazione delle imprese.  

 

Nel villaggio globale l’Europa si trova caratterizzata dai suoi punti di forza ma anche da tante debolezze, le stesse che non le permettono di affrontare con la dovuta capacità quelle che sono le sfide e i cambiamenti propri della globalizzazione.

Non a caso il documento della Commissione europea sulla competitività delle imprese europee afferma: siamo sulla buona strada ma dobbiamo fare meglio!

Sì, è proprio questo l’obiettivo: migliorare le capacità di adattamento  nonché di innovazione delle imprese europee rispetto ai principali concorrenti. E’ importante non indietreggiare di fronte al  fenomeno della globalizzazione, ma piuttosto sfruttarlo quale incentivo alla creazione di nuovi posti di lavoro che, (dato che emerge dalle statistiche) l’Europa  oggi non è in grado di fornire.

E’ importante tener presente che il problema della competitività tra aziende è un fattore strettamente connesso alla popolazione, perché legata a livelli occupazionali presenti e futuri, legata alle condizioni di lavoro, alla protezione sociale, ma soprattutto perché essa nasce dalla competenza, dalla creatività di ogni singolo cittadino e dalla tendenza di ogni cittadino ad affrontare il rischio dell’innovazione dell’impresa. L’ Impresa Europa, obbiettivo fissato dalla commissione europea riunitasi a Lisbona,  non deve e non può rimanere una pura ambizione politica. Ecco perché sono stati fissati degli obbiettivi specifici e sono stati fissati i metodi per conseguirli.

 COSA CONSIGLIA LA COMMISSIONE

- Individuare le principali linee di azione della politica delle imprese;

- Favorire l’attuazione delle politiche già raccomandate;

- Favorire l’avvio di ulteriori lavori nel corso del 2001;

- Favorire l’assegnazione di un mandato alla Commissione per il controllo delle misure prese dagli Stati  membri.

E’ attraverso le reti digitali che si costruisce l’economia globale

Gli elementi che oggi caratterizzano la globalizzazione sono la nuova tecnologia, la struttura della imprese, la finanza e le istituzioni, aspetti questi che portano ad una revisione del concetto di competitività. Lo sviluppo delle società dell’informazione svolge un ruolo portante. Grazie alla creazione di reti digitali globali che mettono in comunicazione tra loro un vasto numero di soggetti tra loro distanti, contribuisce a creare una nuova economia globale basata sulle reti e su fattori immateriali. Per migliorare la competitività  le aziende hanno dovuto integrare la dimensione internazionale a livello organizzativo e strategico, trasferendo all’esterno alcune attività, promuovendo la diffusione dei prodotti su più mercati al fine di realizzare economie di scala. 

Ecco spiegate le frammentazioni di proprie operazioni in attività distinte, effettuate in Paesi e quindi sedi diverse costituendo strutture complesse quali oggi sono le fusioni, le acquisizioni o le alleanze strategiche. Il risultato è quindi mercati liberalizzati e reti aperte che portano le imprese europee a fare i conti direttamente con la concorrenza che non è più vincolata da fattori confinanti settoriali e geografici. Elementi di competitività quali la tempestività, la qualità, l’immagine del prodotto,  l’assistenza post-vendita stanno evolvendosi tanto rapidamente da chiedere necessari investimenti immateriali nei settori dell’organizzazione, delle risorse umane e della ricerca.

L’analisi del bene ma non benissimo  crediamo che meglio di ogni altra frase possa far capire quanto l’Europa si stia muovendo, ma soprattutto quanta strada ancora debba percorrere.

In effetti la competitività delle imprese europee ha registrato dei punti di crescita in alcuni campi, ma ciò non è sufficiente a colmare il divario tra l’Europa e i suoi rivali il Giappone e gli Stati Uniti, questo soprattutto nei settori ad alta tecnologia. Le nostre imprese fanno un uso troppo moderato degli strumenti innovativi, come la ricerca, i brevetti, i capitali di rischio, le alleanze. Bisogna tra l’altro sottolineare le posizioni competitive basate su  capacità tecnologiche più avanzate o su importanti conoscenze intellettuali, che se da un lato permettono di generare subitaneamente un valore aggiunto, dall’altro si dimostrano poi essere molto più inconsistenti.

 E’ opportuno per fornire al meglio un quadro d’insieme elencare quelli che sono gli elementi chiave della competitività alla luce della globalizzazione ma soprattutto il loro evolversi.

Non il costo delle manodopera  ma le tecnologie evolute fanno la differenza

I nuovi settori basati sulla conoscenza sono l’aspetto più nuovo dell’Impresa Europea, questi insieme ai settori fondati sulla titolarità del diritto d’autore o sul possesso di know-how hanno superato in quanto a crescita, capitalizzazione, esportazione i settori più tradizionali. E’ ovvio quindi che i concorrenti dell’Europa non sono le industrie che vantano minor costo di mano d’opera bensì economie che posseggono tecnologie di punta. Nell’ambito concorrenziale, al fine di accaparrarsi risorse finanziarie le imprese si contendono le risorse intellettuali, e il valore di una società viene quindi giudicato in base al suo potenziale intellettuale ed alla qualità della sua organizzazione.

Il commercio elettronico segue questo processo. Grazie ad Internet il concetto di distanza perde significato,  l’accesso ai mercati mondiali consentito alle imprese dell’Unione vede l’affacciarsi delle aziende concorrenti ai mercati europei. Ecco come i siti web, che le aziende sfruttano per commercializzare vengono visitati per confrontare i prezzi e le strategie delle imprese. Grazie al commercio elettronico che funge da catalizzatore dunque, le PMI possono sfruttare in modo globale i mercati di nicchia che sono il mercato tradizionale; le start-up e le PMI possono avere accesso ai mercati mondiali assumendo una connotazione internazionale già dalla nascita della loro attività. Inoltre il commercio elettronico vede il sorgere di nuove attività, particolarmente di servizi di intermediazione (imprese di logistica, servizi di certificazione, agenzie di valutazione per la cessazione di crediti) con il conseguente aumento di posti di lavoro, nel ’96 grazie ad Internet sono stati creati 1,1milioni di posti di lavoro di cui 760.000 negli stati uniti.

La ricerca, da parte sua, assume sempre più connotati globali, in America vengono investiti oltre 10 miliardi di dollari nella ricerca e nello sviluppo condotte fuori dagli Stati Uniti ogni anno. Abbiamo detto che il creare reti digitali riduce i costi di ingresso  delle imprese su i mercati mondiali. Negli stati Uniti l’economia digitale verte su di una massa critica di PMI e di start-up innovative collegate in rete. Essendo quindi capaci di trovare facili capitali ad ogni stadio di sviluppo, le imprese possono, partendo da una semplice idea, diventare aziende leader a livello mondiale nel proprio settore. L’Europa però, nonostante vanti il triplo delle PMI rispetto agli americani, (15 milioni contro 5) rimane indietro e questo a discapito di nuovi posti di lavoro: negli Stati Uniti due terzi dei posti di lavoro sono state create da imprese  ad alta tecnologia la cui metà era composta da PMI, di contro in Europa sono stati creati il 50% dei posti di lavoro dal 4% delle PMI ad alto potenziale di crescita.

A questo punto prende significato il concetto di ecoefficacia, che vuol indicare l’aumentare la produttività delle risorse naturali a costi inferiori. Ricordiamo che la capacità propria delle imprese europee di anticipare gli elevati standard di protezione ambientale, rappresenta una carta vincente nei mercati mondiali, perché contribuisci a mantenere e ad attirare in Europa manodopera qualificata.

Alla luce di quanto è emerso l’Europa si presenta si competitiva, ma ancora debole per quanto riguarda le specializzazioni. Per quanto riguarda i mercati di esportazione invece, le imprese manifatturiere dell’Unione europea si sono mantenute buone, dimostrando così un certo livello di competitività.

La quota di mercato di dette imprese si è mantenuta stabile per tutto il corso degli anni 90, assestandosi al 27% dei mercati mondiali a dispetto degli Stati Uniti e del Giappone, a cui si è ridotta. Grazie al commercio dell’ Europa con i paesi terzi, diversi da Stati Uniti e Giappone, il saldo commerciale attivo dell’Unione Europea ha raggiunto nel ’96 134 miliardi di ECU , pari al 2% del PIL europeo.

Eccetto che con gli Stati Uniti e Giappone, l’Unione Europea gode di ragioni di scambio al quanto vantaggiose, tanto da consentirli di pagare esportazioni a prezzi superiori delle importazioni. Tutto ciò deriva dalla specializzazione europea di alcuni prodotti a valore aggiunto relativamente alto. Ossia quei prodotti tradizionali per cui l’Europa grazie alle proprie conoscenze tecnologiche, alla competenza culturale, e alla competenza della propria forza lavoro può specializzarsi nella produzione di  prodotti ad elevata qualità  ed alta gamma come i prodotti tessili, l’abbigliamento, i mobili, turismo culturale, artigianato, oppure prodotti sofisticati dal punto di vista tecnico e ad alta intensità di ricerca, come macchine utensili, prodotti chimici. Solo questi settori comportano un surplus commerciale superiore a quello complessivo dell’Unione Europea!

Per quanto riguarda lo sfruttamento e l’utilizzazione delle nuove tecnologie, gli esiti sono ancora scarsi, possedendo l’Unione Europea quote di mercato alquanto ridotte, che portano a svolgere un ruolo di secondo piano in quei campi innovativi e di alto valore aggiunto. In effetti nonostante il crescere di investimenti destinati alle tecnologie e a tutto ciò che c’è di innovativo, rimane un grosso divario tra le imprese statunitensi e quelle europee. Ciò è dovuto al fatto che non solo le quote di investimenti sono maggiori negli Stati Uniti, ma soprattutto perché ne fanno un uso più mirato essendo comunque molto più diffuse, mentre in Europa l’impiego delle tecnologie è ancora di stampo tradizionale (trattamento testi, automazione delle catene di produzione) dimenticando che ormai ricoprono un ruolo commerciale oltre che decisionale.

L’Unione Europea così viene a trovarsi sempre in una posizione svantaggiosa per diversi motivi. Innanzitutto l’ Europa non ha trovato sviluppo nei settori di imprenditorialità nei servizi, non avendo un numero cospicuo di imprese in posizione di leadership a livello mondiale nel settore dei servizi.

Uno dei vantaggi che gli Stati Uniti, vanta all’ Unione Europea è proprio la superiorità nel campo dei servizi alle imprese, specie nei settori della logistica, consulenza commerciale, giuridica e di revisione contabile. In questo contesto va ad inquadrarsi il fattore occupazione, in quanto in tutti i settori dei servizi, i livelli occupazionali sono nettamente inferiori rispetto agli Stati Uniti. Non dimentichiamo che alla base di una corretta strategia europea a favore dell’occupazione c’è la capacità di sfruttare al meglio questi servizi, nel rispetto della competitività con i suoi concorrenti.

E’ andata affermandosi, tra tutte le regioni del Giappone, Stati Uniti e Unione Europea, l’indispensabilità di una politica di ricerca e sviluppo tecnologico al fine di sviluppare al meglio il potenziale competitivo delle imprese. L’Unione Europea si trova in posizioni svantaggiose rispetto ai suoi concorrenti per tre aspetti differenti:

 Più investimenti per la ricerca e una politica comunitaria meglio coordinata

E’ ormai da decenni che gli Stati Uniti e Giappone investono in modo maggiore rispetto all’Unione Europea. Particolarmente gli Stati Uniti stabiliscono per la ricerca, specialmente allo sviluppo di prodotti e a determinate industrie altamente competitive (vedi industria aeronautica e quella informatica) un numero consistente di fondi, superiori persino al Giappone. Nel ’97 gli stanziamenti pubblici destinati alla R&S sono aumentati del 6,8% in Giappone, del 2,8 % negli Stati Uniti mentre in Europa si sono ridotti dell’ 1% circa.

Per quanto concerne il sistema di ricerca europeo, esso è ripartito fra gli Stati membri, titolari della maggior parte delle risorse, e la Comunità. In questo modo la politica di ricerca e le strutture organizzative subiscono variazioni non indifferenti tra uno Stato membro e l’altro, dando vita  ad una sovrapposizione di attività tra i programmi nazionali.

Inoltre, la maggior parte dei programmi di ricerca americani si basano su forme di contratto aggiudicate tramite gare di appalto, mentre nelle forme di collaborazione tra università, laboratori federali, e il settore industriale vige una certa flessibilità. Per il Giappone le cose seguono quasi lo stesso iter.   Nell’Unione Europea le cose cambiano, qui infatti gli organismi nazionali di ricerca non sfruttano gli appalti pubblici nella promozione di determinate industrie tecnologiche. In Europa infatti, poiché ogni suo Stato, gode della propria politica di difesa e di acquisti individuale, non esistono organismi che svolgano le stesse mansioni del Department of Defence di stampo americano.

Infine, per quanto riguarda la collaborazione fra istituti di ricerca ed università pubbliche, e industrie questa rimane ancora poco sviluppata, se si fa eccezione per l’Istituto Fraunhofer in Germania.

(Fine prima parte)

 Nel prossimo numero analizzeremo:

 - LA PAURA DI RISCHIARE

 - STRATEGIE PER MIGLIORARE LA COMPETITIVITA’

 - OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE

Rita Spiga

 

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